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Lorenzo Valla, De falso credita et ementita Constantini donatione

La prosa polemica (declamatio) De falso credita et ementita Constantini donatione ("la donazione di Costantino contraffatta e falsamente ritenuta vera") fu composta da Valla nel 1440, ma pubblicata solo nel secolo successivo in ambiente protestante.
L'edizione di riferimento è quella a cura di W. Setz, Niemeyer, Tubinga, 1975.
Questo testo è il primo libro che attacca deliberatamente, per motivi politici, il potere temporale della Chiesa e costituisce per questo una pietra miliare del nuovo pensiero laico umanistico. Attraverso argomenti critici tratti dalla filologia, dalla paleografia e dall'archeologia, oltre a elementi di carattere religioso, politico e giuridico, Valla dimostra la falsità della donazione di Costantino del potere al papa Silvestro I . Su questo falso documento il papato aveva fondato la legittimità giuridica del suo potere temporale.
All'inizio della propria declamatio l'autore spiega che intende dimostrare quattro assunti:

  1. «Costantino e Silvestro non erano giuridicamente tali da poter legalmente l'uno assumere, volendolo, la figura di donante [...] e l'altro da poter accettare legalmente il dono»;
  2. «se anche i fatti non stessero così né Silvestro accettò né Costantino effettuò il trapasso del dono, ma quelle città e quei regni rimasero sempre in libera disponibilità e sotto la sovranità degli imperatori»;
  3. «nulla diede Costantino a Silvestro, ma al papa immediatamente precedente che l'aveva battezzato; furono del resto doni di poco conto, beni che permettessero al papa di vivere»;
  4. «è falsa la tradizione che il testo della donazione si trovi nelle decisioni decretali della Chiesa o sia tolto dalla Vita di Silvestro».

L'obiettivo politico di Valla è quello di polemizzare, attraverso la confutazione dell'atto di donazione, contro il potere temporale della Chiesa, in appoggio alla linea antipapale del suo signore, Alfonso d'Aragona, re di Napoli, nei confronti del papa Eugenio IV, alleato di Renato d'Angiò, aspirante al dominio nell'Italia meridionale. La critica di Valla è diretta a favorire l'autonomia dello Stato da ogni potere religioso; particolarmente dura è la polemica sulla corruzione della Chiesa, che ha abbandonato il suo originario impegno spirituale, contaminandosi con i vizi del potere politico (l'ambizione innanzitutto).
Valla dimostra la falsità della donazione mediante un raffinato scandaglio linguistico del documento, mettendo in evidenza anacronismi stilistici e contraddizioni di contenuto; con lui la filologia si trasforma in un eccezionale strumento per ristabilire, insieme con il rispetto della verità storica, quei sani rapporti tra individui e istituzioni che l'usura del tempo ha corrotto e deviato.

(Alessandro Capata)

 

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