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Mediocritas

La mediocritas corrisponde alla "moderazione", a una misura rapportata al "giusto mezzo": "auream quisquis mediocritatem diligit" (Orazio, Carmina, II 10; "ciascuno ama la preziosa medietà"); "mediocritas optima est" (Cicerone, De officiis, I 36; "ottima è la medietà"). Con queste peculiari caratteristiche, la mediocritas è la categoria sulla quale si fondano tutte le regole del comportamento etico: la virtù non è altro, infatti, già dal mondo antico, che la "via di mezzo" fra l’eccesso e il difetto: in termini propriamente quantitativi. Il criterio della  mesòtes (o del "giusto mezzo" nella misura) è esposto da Aristotele nell’Ethica nicomachea e nei Magna moralia, ed entra subito a regolare (e valutare) i comportamenti morali del mondo antico. Plutarco ne fornisce la seguente definizione: "Ella [la virtù] sarà dunque nel mezzo, nello stesso modo in cui l’armonia è tra due voci estreme, una troppo acuta, l’altra troppo grave".
Difficile per noi comprendere questa economia della virtù come giusto mezzo tra opposti estremismi, anche perché ormai il significato di mediocrità è del tutto compromesso in altro senso (cioè come "scarso valore"): e per questo qui si parla di mediocritas, in latino.
Nel mondo antico e poi, anche attraverso le rielaborazioni aristoteliche realizzate da Tommaso d’Aquino, sino alla cultura classicistica del mondo moderno, la categoria della mediocritas è il cuore profondo del sistema generale della virtù: ogni singola virtù, infatti, si colloca al centro tra due opposti eccessi (ad esempio, la liberalità tra prodigalità e avarizia). Questa etica della medietà elabora anche parole d’ordine celeberrime: "in medio stat virtus" ("la virtù sta nel mezzo"). E sempre al valore del "giusto mezzo" rimanda l’espressione oraziana "est modus in rebus" (Orazio, Sermones, I 1: "ogni cosa ha la sua misura"). Il concetto è altresì implicito nel "ne quid nimis" (Terenzio, Andria, I 1: "mai nulla di troppo"): anche questo enunciato è divenuto proverbiale.
Polyanthea circoscrive l’ambito della mediocritas "inter excessum et defectum" ("tra eccesso e difetto": una posizione mediana tra il troppo e il troppo poco), collegandola a una serie di categorie affini come il mezzo, la misura, il modo: alla famiglia semantica della mediocritas appartiene, inoltre, la categoria estetica della proporzione. Ancora in Polyanthea si legge questa sintetica definizione: "Medium in omnibus est laudabile" ("in ogni cosa la posizione mediana è lodevole").
Come qualità retorica, la mediocritas corrisponde allo stile medio: "erat enim et adtenuata verborum constructio quaedam et item alia in gravitate, alia posita in mediocritate" (Rhetorica ad Herennium, IV 10; "c’era dunque uno stile semplice, uno sublime, uno mediocre").
La topica umanistica e rinascimentale eredita dagli Antichi il concetto di mediocritas, cui è attribuito un valore profondo sia in senso etico che in senso retorico: strettamente congiunta all’altra regola fondamentale del sistema classicistico cinquecentesco, ovvero la sprezzatura, la teoria del "giusto mezzo" si pone come la norma regolatrice dei rapporti interpersonali. Pontano la considera come il principio ispiratore di una piacevole conversazione, l’ideale di quell’equilibrio, di quella misura che corrispondono all’urbanitas: "Igitur haec ipsa mediocritas, de qua nunc disserimus, versatur potissimum in habendo delectu, ne aut ad nimiam declinemus verborum gratificationem quae levis sit ac vana" (Pontano, De sermone, I 23 5: "Questa mediocrità di cui ora parliamo riguarda soprattutto il modo di avere diletto, per non gratificarci troppo di parole leggere e vane").
La mediocritas, intesa nel senso di "debita misura", compare nel Cortegiano: "è adunque securissima cosa nel modo del vivere e nel conversare governarsi sempre con una certa onesta mediocrità" (II 41); "ma con tal maniera di bontà, che si faccia estimar non men pudica, prudente e umana, che piacevole, arguta, discreta; e però le bisogna tener una certa mediocrità difficile e quasi composta di cose contrarie" (III 5).
Numerose sono le occorrenze di mediocritas nel dialogo tassiano dedicato al problema della virtù: corrisponde ovviamente a medietà e a moderazione: "la mediocrità dunque della virtù morale consiste nel mezzo che si considera per nostro rispetto, nel quale ella si fa con elezione" (Tasso, Il Porzio o de la virtù, 106).
Nella Civil conversazione è la stessa forma sociale della conversazione, la sua civiltà, a rappresentare compiutamente la strada virtuosa perché intermedia fra la vita solitaria e le abitudini volgari della plebe.
Per Ripa l’immagine della mediocritas è quella di una "donna con la destra mano tenga un leone ligato con una catena e con la sinistra un agnello ligato con un debole e sottil laccio, dimostrandosi per essi due estremi il troppo risentimento e la troppo sofferenza, e tenendo detta donna il luogo di mezzo tra questi estremi di fierezza e di mansuetudine, per li quali veniamo in cognizione d’ogn’altro estremo in ciascun abito dell’animo, ci può esser vero ieroglifico di mediocrità, la quale si deve avere in tutte l’azzioni, accioché meritino il nome e la lode di virtù" (Iconologia, 28).

Paola Cosentino

Percorsi Iconografici:


Liberalità, da Cesare Ripa, "Iconologia"

 

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